Scrittura25 settembre 2011

Lupi

Sto seduto a questo tavolo da ore. Il cameriere mi guarda con un po’ di fastidio. Bevo solo lemonsoda. Per farlo contento e garantire a me e a Ludwig la necessaria immunità ordino un panino. Con salsiccia. E patatine fritte.
La salsiccia la porgo a Ludwig.
La addenta con educazione.
Ha imparato presto che, quando si somiglia più a un lupo che a un cane, è meglio essere educati e tenere il profilo basso.
L’orecchio sinistro sbrindellato testimonia le molte lezioni che ha dovuto apprendere.
Proprio come me.
A ognuno le sue cicatrici.
A me lo sgabello di ferro di quella guardia in carcere mi ha aperto la fronte.
Ma a Ludwig non importa.
Appoggia il muso sulle zampe anteriori e sospira.
Ha caldo.
La pelliccia che porta non è look adatto per una balera romagnola a fine luglio.
Ma con la pazienza e la tolleranza della sua specie mi accompagna da quel giorno in cui è arrivato al mercato ortofrutticolo di Stoccarda.
Magro e circospetto.

Lupi

Io stavo attendendo che finissero di caricare il mio camion. Improvvisamente vedo il cane lupo che si avvicina. Si ferma a qualche passo di distanza.
Mi guarda con occhi color miele. Profondi. Si accuccia. Appoggia il mento sulla zampe anteriori. Sospira.
Sa da dove vengo. E io so che è lì per me.

Per 20 anni in quelle notti troppo brevi per recuperare le forze, troppo lunghe per fermare i pensieri, lì, nel gelo della baracca, l’unico conforto sono stati gli ululati dei lupi. Creature selvagge, vive.
Mi consolava sapere che erano liberi. E udendo il loro richiamo la certezza di poter resistere mi riscaldava.

Lo aspettavo. Ora è qui.
Mi volto e salgo sul camion.
Alle mie spalle uno dei facchini cerca di cacciarlo.

“Lascialo stare! è con me!”

Io faccio più paura del cane. Non solo per la mia statura e le spalle larghe. Dev’essere quel taglio sulla fronte o i miei occhi… forse i pugni che mi si stringono facilmente. Gli altri non lo sanno che lo faccio proprio per non colpire e che dentro il pugno le unghie mi si conficcano nel palmo delle mani. Il dolore lieve mi riporta a quella ragione che rischio di perdere così facilmente.
Ma tutto questo gli altri non lo possono sapere.
I lupi invece lo sanno.

“E’ con me.”

Il lupo salta in cabina. Si mette al mio fianco con le zampe appoggiate sul cruscotto. Mi guarda strizzando gli occhi color miele. Poi sospira e si accuccia sul tappetino, poggiando il muso sulle zampe anteriori.
Siamo soci.
Lui è Ludwig.
Io sono Yann.

[Regina  - Zambana Vecchia, 17 ottobre 2010]

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