Condivido questo incipit del nuovo libro di Daniele Del Giudice, uscito in libreria martedì scorso 29 gennaio, giunto a me in anteprima attraverso le meravigliose vie degli amanti della scrittura.
Leggendolo ho provato l’invidia innamorata di chi ci prova. A scrivere.
Invidia e piacere.
Invidia e amore.
Sentimenti ossimori che forse gli scrittori possono comprendere.
Se ne fossi capace l’avrei scritto proprio così, parolaperparola.
Invidia e piacere.
Invidia e amore.
Sentimenti ossimori che forse gli scrittori possono comprendere.
Se ne fossi capace l’avrei scritto proprio così, parolaperparola.
Daniele Del Giudice, In questa luce, Einaudi
“Eccomi qui, davanti al foglio bianco. Quante volte,dalla prima? Quante volte ancora, fino all’ultima? Non son balle, scrivere è difficile. Per tutti. Si è soli, dopo le chiacchiere, le discussioni, gli incontri, le letture. Si è soli e fa fatica. È stato sempre un mio vanto: sí, va bene, gli altri sono disposti a seguirti nel parlare, nell’incontrarsi, nel perdere tempo. Quanti poi, però, si sanno mettere davanti alla tastiera ed «esprimere»? Cioè ricostruire, sistemare,intuire, analizzare, sintetizzare, trovare un’immagine che faccia di carne il ragionamento ecc. ecc. Si è soli. Fa fatica e fa paura. Si prende tempo. Certe volte, la notte, scrivevo fino a tardi un pezzo, una recensione o un elzeviro di terza pagina. Verso le due pensavo che avrei dovuto dormire, e andavo a letto. Salivo, e trovavo mia moglie addormentata. Avevo voglia di abbracciarla, e di farmi proteggere. Piú l’articolo era importante e piú ero teso. Non mi riusciva che un angoscioso dormiveglia, col pensiero fisso di dovermi alzare presto, alle cinque o alle sei per finire il pezzo. E ogni tanto mi risvegliavo, sperduto e indifeso, e mentre rimasticavo frasi appena scritte mi chiedevo: ma sono io quello che domani mattina… No,non sono capace. Non sono io. Era davvero un momento di destrutturazione e di paura. Poi l’alba: e nel lasciare il letto caldo un ultimo sguardo a mia moglie ancora addormentata. Un po’ di invidia. La tentazione di mandare tutto affanculo e abbracciarmi a lei. Infine, la discesa nello studio. Riprendere il periodo interrotto poche ore prima. Un attimo di incertezza, come quando l’aereo si stacca da terra, una sospensione nebulosa… e via, la scrittura spinge su, dentro i carrelli. Anche stavolta è andata. Chissà perché ti racconto queste cose. Non mi ricordo se te le ho mai dette. Quante cose non ti ho detto di me. E quante cose non ti ho chiesto di te. Avrei dovuto dirti, per esempio, quanto mi piace e dispiace questo mio mestiere, che non è un mestiere. Ne parleremo in un altro amore. Nel frattempo, che sollievo riconoscersi finalmente fragili!”
[Daniele Del Giudice, In questa luce, Einaudi]