La lampadina all’esterno dell’imbarcadero diffonde un chiarore giallastro, reso inutile dalla luce dell’alba. L’ombra del ragazzo con le mani affondate nelle tasche del giubbotto si allunga sul pavimento. Accanto a lui, appoggiato al vetro, un ragazzo riccio, con il naso sprofondato nel bavero del piumino, si guarda la punta degli scarponi. Ai suoi piedi c’è una sacca di tela impermeabile, blu e bianca.
© foto by Roberto Ferrucci – http://www.robertoferrucci.com/wordpress/
Ogni giorno la stessa menata – sospira il ragazzo riccio fissando il punto da cui comparirà il vaporetto – sarà pieno di gente, non la sopporto, la gente, facce livide di sonno e fiati puzzolenti. E poi un’altra giornata a sentir sbraitare il capo cantiere.
Quando cambierà? si chiede, incassando il collo tra le spalle per proteggersi dal vento. Non cambierà, ovvio. Non può cambiare, devo lavorare, ho bisogno dei soldi, anche se non mi bastano mai.
Tira su con il naso e la mano destra, nella tasca, rovista per cercare il leggero involucro di stagnola ripiegata. Lo stringe e il contatto lo rassicura.
Lo zaino del coetaneo vicino a lui attira il suo sguardo: è rosso, con le stringhe blu.
Quando andavo a scuola il mio era nero, ricorda, la scuola, che rottura! meno male che è finita. Ero sempre al verde, non che adesso sia diverso. Con quello che guadagni tu c’è chi ci mantiene una famiglia – sente sua madre che lo rimprovera, lamentosa, agitandogli sotto il naso l’estratto conto della banca. Scuote la testa e la mano allenta la presa sulla stagnola. Con la mano sinistra fruga nell’altra tasca, ne estrae un fazzoletto e ci si soffia forte il naso.
Dai, muoviti maledizione, dice incitando il vaporetto in arrivo, muoviti che se arrivo prima del capo vado al bar: un caffè al volo e mi fiondo nel cesso. La mano nella tasca stringe la stagnola.
“Tronchetto, Piazzale Roma, Ferroviaaa, attenzione al passo”.
All’urto del battello contro la piattaforma, barcolla. Raccoglie la sacca, sale sul vaporetto, si rintana in un angolo, vicino alla cabina del pilota, aggrotta la fronte e tira su con il naso, rituffando la mano in tasca.
Le dita brancolano nella tasca vuota e si infilano in un buco della fodera.
Serra i denti e le nocche scrocchiano, mentre stringe il pugno. Ficca la mano sinistra nell’altra tasca estraendone un fazzoletto di carta appallottolato. Di tasca gli cade un guanto di lana blu. Lo raccoglie di scatto e lo scuote. Spiana il fazzoletto, lo scuote, lo riappallottola, lo sgualcisce.
Incurante del naso che gli sgocciola, getta il fazzoletto in acqua e bestemmia sottovoce.