– #Valore e Buon marketing
Incredula guardai la sala, pullulante di clienti.
Alle 13.15 non c’era un buco libero.
Un avventore impietosito mi spiegò che per sperare di riuscire a mangiare si sarebbe dovuti arrivare alle 11 e 30.
Impara a dire qualche NO:
se vali e hai successo i clienti ti desiderano DI PIU’.
La tenacia è la mia miglior dote e, ieri, ci ho riprovato.
Animata dalla determinazione ho telefonato alle 10 per prenotare e mi sono sentita rispondere che le prenotazioni non esistono.
Se arrivi entro le 13 mangi, sennò pazienza.
Partita di buzzo buono per arrivare in tempo mi sono ritrovata a destinazione alle 11 e 30, ma poiché ancora non ci potevo credere che nel 2017 ci fosse qualcuno che si presentava al ristorante a quell’ora, ho temporeggiato.
Alle 11 e 40 ho aperto la porta e la macchina del tempo mi ha traslato nel 1960.
Addetti al servizio il titolare e la di lui sorella (settantenne); in cucina la stessa sorella, che in questa incarnazione ha evidentemente ricevuto il dono dell’ubiquità, più la mamma novantaquattrenne che deve vantare un’ascendenza hunza, altrimenti non si spiega come possa sfornare cibo a velocità ultrasonica per decine di persone.
Arriva a stiparne 6 in tavoli da 4 e nessuno protesta.
Persino i cani presenti se ne stanno buoni a cuccia e nemmeno osano affacciarsi alla porta della cucina, sempre aperta.
Il bagno è senza luce elettrica, che comunque non serve, perché il locale apre solo a pranzo.
Però la carta c’è.
La mia personale metrica di attribuzione punti si mette in moto.
Il valore non è assoluto.
Si stabilisce sulla base delle esigenze e preferenze del TARGET.
Stavolta il titolare, anche se mi lascia per un po’ in purga perché (scoprirò poi) non mi conosce e non sa chi mi ha mandato, decide di farmi mangiare e mi indica un tavolo occupato da una coppia, alla quale, andando dritto al punto, segnala che io mangerò con loro.
Le parole esatte sono: “non penserete mica di avere un tavolo da quattro solo per voi? Qui ci metto altri due, sennò il posto non basta per tutti…” e se ne va.
Affascinata, comincio a riflettere sulla comunicazione, le parole giuste in relazione al target e agli obiettivi di marketing e mi viene da ridere, mentre l’oste sale vertiginosamente nella mia classifica di “comunicatore superfigo”.
Sono simpatici.
Aspettiamo, invano, che qualcuno ci caghi, ma nessuno viene a prendere la comanda, benché il signore al tavolo con me provi più volte ad alzare la mano.
Io ormai mi sono arresa e mi godo la scena.
Entra un avventore che, per fortuna, è amico d’infanzia del mio compagno di desco.
Dopo gli abbracci di rito ci spiega l’arcano: nessuno ci considera perché, se vuoi mangiare, devi alzare il culo, prendere il menu, alcuni foglietti e una penna, gentilmente messi a disposizione dal locale, e scriverti la comanda da solo.
Poi, quando lo reputerà opportuno, il personale (cioè il titolare unico) la verrà a prendere.
I vicini di tavolo si affrettano a illuminarci sulla regola base del locale: i telefoni cellulari sono VIETATI!
A tavola si mangia e si fa conoscenza, sennò fuori!
E’ ufficiale: mi sono innamorata del titolare e di questo locale aduso alle vecchie eleganti regole della buona educazione.
Medito sul fatto che ci vorrei portare il 90% dei miei amici, che regolarmente redarguisco quando, a tavola con me, anziché considerarmi degna di attenzione, smanettano sulla tastiera.
Il cliente non ha sempre ragione.
Stabilisci le tue regole e impara a farti rispettare.
Mentre di fronte a me si svolgono scene degne del miglior teatro dell’assurdo, una signora estrae da una sacca una serie di completini da bambino fatti all’uncinetto e comincia a venderli sul posto.
Evidentemente c’è tolleranza per il co-marketing.
Mamme con piccoli alien al seguito provano maglioncini e golfini ai loro pargoli.
I cani cominciano a presentarsi tra loro, annusandosi il posteriore, ma sempre in rispettoso silenzio e anche tra le persone il ghiaccio si scioglie: la gente chiacchiera, ride, conversa.
Nessuna notifica da social, né squillo molesto viene a turbare questa atmosfera d’antan.
Roba semplice: zuppa di farro e fagioli, risotto alle ortiche, zuppa di verdura.
I miei commensali mangiano una vera super cotoletta alla milanese, con insalata già condita (e guai a te se osi chiedere variazioni sui condimenti).
L’apoteosi dell’appagamento dei sensi la raggiungo quando la sciura depone di fronte a me la mousse di cioccolato, che ha esattamente il sapore di quella che faccio io: di vero burro burroso e cioccolata fondente.
La risucchio, estatica, benedicendo la loro cucina non spocchiosa, non pretenziosa, non aromatizzata al sapore di qualche cosa.
Messaggio subliminale: “muoviti che chiudiamo!”.
Sono euforica.
Rotolandomi dalle risate chiamo i miei amici e li benedico, relazionando sull’esperienza.
Un senso semplice come le cose buone, un senso che riassumo in 5 concetti.
Il valore esiste quando:
- Hai un buon prodotto (cucini bene e soddisfi le esigenze).
- La fai semplice e ti fai capire (senza curcuma e zenzero, senza inutili paroloni inglesi e frasi fatte).
- Sei te stesso e te ne freghi delle conseguenze (hai il tuo Personal Branding e le tue regole e non hai paura di perdere clienti).
- Non accetti chiunque, ma scegli tu (i clienti cafoni con il cellulare acceso e quelli che non pagano, meglio lasciarli perdere).
- Applichi un onesto prezzo di mercato (ma ricordati che non sarà per il prezzo che i clienti ti ameranno).
Nè ma dovè sto posto?
Milano – Via Privata Andrea Pellizzone 14
Trattoria l’Albero Fiorito
Rientro perfettamente nel target del locale! Devo stare attento alla mano, ma sono pronto a correre il rischio…
Caro Daniele, è un locale che prduce il grande benessere della relazione. Sono certa che a voi Super Eroi di WABi piacerebbe.